di Paolo Zagari
In questa rubrica si tratterà di cinema, letteratura, arte, danza, gastronomia e di tutto ciò che a un certo punto, sospinto dalla razionalità del caso, affiora nella memoria o misteriosamente in essa perdura.
Superati i quarant’anni, con tutte le nostre forze cerchiamo di sfuggire a quel fatidico momento chiamato bilancio esistenziale. Cosa stiamo facendo, dove stiamo andando, abbiamo mantenuto fede alle aspettative, se morissimo all’improvviso qualcuno ci rimpiangerà oppure festeggeranno?
E’ una prassi drammatica che in realtà non serve a nulla se non a angosciarci un po’: siamo quel che siamo e certo adesso non possiamo cambiare. Quindi il suggerimento è di non pensarci e soprattutto di evitare qualunque contatto possa agganciarci col nostro passato. Purtroppo ogni buona intenzione viene vanificata da quella terribile prassi, nel tempo di Facebook praticamente inevitabile, che è la rimpatriata. Per un motivo o per l’altro un gruppo di persone che da anni si era persa di vista prima o poi si ritroverà una sera a parlare dei bei tempi andati. In situazioni del genere l’inizio è carico di sentimento e nostalgia:
E’ una celebre scena (un archetipo cinematografico) tratta dal Il Grande Freddo (1983) di Lawrence Kasdan. Un gruppo di vecchi amici si ritrova in occasione di un funerale e quello che sembrava un pretesto per riallacciare dei rapporti profondi si rivela un ritratto impietoso di una generazione.
Il secondo step è il divertimento, gli scherzi che si facevano quando ”eravamo più giovani”
La Rimpatriata (1963) di Damiano Damiani con Walter Chiari, un classico esempio di commedia all’italiana doc: comicità, cinismo, malinconia, grandi attori. Un film di classe dimenticato che farebbe impallidire registi e attori delle commedie italiane contemporanee.
Ma dopo i saluti, le battute ecco che cala la tristezza . Siamo diventati grandi, siamo diventati vecchi e meschini, ci odiavamo prima, ci disprezziamo adesso:
Qui il livello di confezione cade un po’, gli attori sono improvvisati e tutto ha il sapore della macchietta. Rimane il disincanto unito a una punta di cattiveria. Il film è Compagni di scuola diretto da Carlo Verdone nel 1988, campione d’incasso dell’epoca.
Per chiudere: ogni amicizia ha il tempo della sua durata. Cercare di ripristinarlo artificialmente è solo coazione a ripetere. È meglio restare con un buon ricordo e magari immaginarsi cosa sarà diventata la compagna del primo banco della terza A che ci piaceva tanto. Ma non saperlo.
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