di Paolo Zagari
In questa rubrica si tratterà di cinema, letteratura, arte, danza, gastronomia e di tutto ciò che a un certo punto, sospinto dalla razionalità del caso, affiora nella memoria o misteriosamente in essa perdura.
Stiamo piacevolmente chiacchierando seduti a un tavolino col collega di lavoro. Quindici minuti di break, fondamentali per staccare e per ricaricarsi. Il caffè, la spremuta di arancia, il sole sui tetti, l’aria frizzante. Un quarto d’ora da godere letteralmente minuto per minuto. Però vediamo il nostro collega un po’ pensieroso e notiamo, non senza preoccupazione, che sta per aprire bocca. Non parlerà di calcio, dell’ultimo film, delle tette della barista, no ha in animo qualcos’altro, qualcosa che rischia di far svanire la magia del momento. “Sai che ho sognato ieri? non ci crederai, ora te lo racconto…”.
Ecco, è finito l’incanto. Non c’è niente di più devastante che sentirsi raccontare i sogni degli altri. Noiosi incomprensibili, probabilmente falsi, si basano su strutture che non possiamo capire (la vita interiore del narratore) e soprattutto non VOGLIAMO capire. Non c’è ne frega niente delle acrobazie del tuo inconscio. Desideriamo solo goderci il sole. Se vuoi raccontare un sogno, vai dallo psicanalista. E se vogliamo sentirne raccontare uno ce ne andiamo al cinema.
E’ l’inizio del Posto delle Fragole del 1957, regia di Ingmar Bergman. Siamo in Svezia. Strade deserte, case in rovina, orologi senza lancette, l’assurdità della vita, il fascino e la paura della morte, l’imperscrutabilità del Tempo. Le tematiche classiche bergmaniane riassunte in 4 minuti.
Passano 5 anni e un altro grande regista sogna.
Cambia la latitudine, cambia la grana onirica dell’autore. Fellini otto e mezzo 1962. Una madre che parla, un padre che ti rimbrotta anche dopo morto, il senso di colpa, un prete, te stesso, un bacio appassionato alla moglie che si trasforma in madre…
Una sequenza delicata, quasi accogliente, nella quale tutti ci possiamo ritrovare, ma per questo forse ancora più angosciante.
Ma non tutti i sogni necessariamente inquietano. Alcuni decisamente divertono
E’ una sequenza tratta dal Dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen del 1971.
Ora il break è finito e bisogna tornare a lavorare. Non addormentatevi però sulla scrivania. Potreste avere un incubo…